ROAD HOUSE – Doug Liman – 2024
Ci sono delle volte che salgo in treno e sono stanco, non c’ho la testa per leggere o vedere cose intelligenti.
E quando voglio rilassarmi non c’è niente di meglio, per estraniarmi dal muggito del carro bestiame, che guardarmi un film ignorante.
Epperò dev’essere fatto come si deve, pure l’ignoranza ha la sua dignità.
Non è questo il caso.
Il problema da cui nasce la visione di Road House è doppio: da una parte le piattaforme streming sfornano a ciclo continuo film insulsi, degni della programmazione pomeridiana di mediaset in agosto, dall’altra i siti che questi film li recensiscono ci buttano su titoloni del tipo “il film di cui non sapevi di avere bisogno”…. E io provo a non farmi fregare, schivo il primo, evito il secondo, driblo il terzo, ma alla fine pure io ho voglia di relax, abbasso la guardia e mi faccio fregare.
Road House è il rifacimento di un film del 1989 con Patrick Swayze nel ruolo del duro.
Trentacinque anni dopo il ruolo del duro ce l’ha un Jake Gyllenhaal grosso, che in comune con Swayze, per quanto mi riguarda, ha solo la difficoltà nello scrivere il cognome.
Il film comincia bene in realtà. C’è il lottatore di strada con la fama di durissimo, ma stranamente gentile, un passato oscuro da cui redimersi, e un incarico che è costretto ad accettare per tirare su soldi.
Alle Florida Keys, dov’è ambientata la storia, una ragazzina mi dà immediatamente la chiave di lettura del film… il western con il pistolero solitario che risolve i problemi del paese e poi se ne va verso il tramonto.
Quello che la ragazzina non sa è che l’archetipo per eccellenza di questo pistolero, ossia Clint Eastwood, non nasce da un western, bensì da uno spaghetti western. Ed è altrettanto inconsapevole che il regista di questo spaghetti western, ossia Sergio Leone, ha plagiato un film di samurai di Akira Kurosawa il cui titolo è Yojimbo, sperando che non lo sgamassero. E invece lo hanno sgamato.
L’altra cosa che non può sapere, perché lei è dentro il film ma noi no, è che l’inizio della storia ricalca un po’ anche quella dei Magnifici Sette, che guarda caso, è il remake in salsa western di un altro film giapponese, I sette samurai, del solito Akira Kurosawa.
Quindi riassumendo abbiamo un film che rifà un film vecchio, che modella il protagonista sul cliché di un film western italiano che ha plagiato un film giapponese, che prende altri spunti di trama da un altro film western, questa volta americano, ma che è il remake di un altro film giapponese, sempre dello stesso regista di prima. Quindi i samurai spaccano il culo ai pisoleri, mi pare evidente.
Ci avessi pensato subito avrei chiuso gli occhi e avrei fatto un bel pisolino in treno, ma nel carro bestiame pensare non è facile, ahimè.
Comunque il film procede e non è male, Jake Gyllenhaal tratteggia un personaggio violento ma anche gentile e silenzioso che ha anche il suo perché. La storia d’amore non ce la facciamo mancare ma il vero problema sono i cattivi, dei bikers ridicoli, uno in particolare – quello comico – totalmente fuori parte.
Ad un certo punto entra in scena il supercattivo Conor McGragor, vero lottatore MMA che vuole buttarsi nel cinema e ci auguriamo tutti di no, e tutto scivola velocemente nel ridicolo. Tra questo film e una puntata di Drangonball mancano solo le onde energetiche.
Jake ci crede, si sbatte, recita. Si è fatto un mazzo incredibile per farsi quel fisico, ma è l’unico a non sentire le sghignazzate, a non accorgersi che è andato tutto in vacca.
Il film finisce, il cavaliere solitario se ne va al tramonto, come da copione.
Io, che per vedere il film, ci ho messo 2 giorni divisi tra andata e ritorno, mi rammarico con me stesso e penso di stilare una lista nera dei recensori inaffidabili, quelli che non so se sono pagati dalle piattaforme, se hanno solo bisogno di creare contenuti un tanto al chilo o se davvero non hanno alcun gusto cinematografico.
Però una cosa di buono almeno la si può recuperare da questo film: Akira Kurosawa.
Il pregio di questo film fatto male è di avermi fatto tornare la voglia di vedere come li si possono fare bene!